resoconto workshop
paleld@libero.it
paleld@libero.it
Sun, 24 Nov 2002 13:32:23 +0100
Ciao a tutti,
dopo essere stato intrappolato dalla routine al ritorno da Firenze,
finalmente riesco a trovare il tempo per dare il mio contributo alla
mailing.
Purtroppo il ricordo delle parole e dei discorsi fatti allora è
diventato più sfumato, ma cercherò di riassumere in poche righe quello
che può essere stato il mio intervento e di trovare delle proposte
operative che possano nascere da quel, per me importante, incontro.
1. Un compito per noi fondamentale credo sia ragionare sulle
modalità attraverso cui comunicare il digital divide. Queste due
parole iniziano a circolare sempre più spesso, ma il più delle volte,
dietro ad esse si nasconde un concetto troppo vago, che mischia in
modi confusi lo sviluppo dei paesi del sud e le nuove tecnologie. Il
rischio che proviene dalla circolazione di un concetto per molti
ancora vuoto è: da una parte che il tutto venga liquidato come utopia
priva di contatti con il reale (“ma se non hanno neanche di che
sfamarsi, a che gli servono le tecnologie?”…); dall’altra che alcuni
organismi centrali (governi, multinazionali,…) si approprino del
termine promuovendosi come istituzioni filantropiche, quando in realtà
gli obiettivi sono soprattutto rilanciare la propria industria hi-tech
in un momento di calo della domanda interna oppure creare meccanismi
di dipendenza trasferendo tecnologie che i tecnici locali non sono poi
in grado di gestire autonomamente (e anche qui il ritorno per le
economie dei paesi “donatori” pare ovvio).
2. Credo sia anche importante mostrare quale ruolo può avere la
società civile nel promuovere e curare progetti rivolti a colmare il
divario digitale. È necessario distinguere le azioni dal basso dai
processi al vertice (gli accordi bilaterali o multilaterali tra
governi) che spesso spingono verso un uso delle tecnologie che si
risolve in maggiore controllo e concentrazione del potere, oppure, nel
migliore dei casi, nel sostegno alle imprese che già appartengono alla
virtual class planetaria.
3. Un’altra importante campagna può essere quella rivolta a
rendere più laici i discorsi sull’open source, quindi ragionando sui
modi attraverso cui comunicare come possa il software libero essere
sia strumento di progresso (anche economico per quei paesi che
riescano a svincolarsi dalla dipendenza Microsoft-Usa), sia modello
ritagliabile sulle esigenze locali, grazie proprio alla conoscenza dei
codici sorgente (a patto ovviamente di creare una competenza tecnica
il loco). In questo campo è importante ragionare attentamente proprio
sulle pratiche linguistiche più adatte a trasmettere una conoscenza
molto specialistica: troppe volte ho visto scappare persone
interessate all’argomento open source ma impaurite da tecnicismi
assolutamente al di fuori della loro portata.
Questi (ho cercato di riassumere più che potevo) gli spunti più
teorici. Per quanto riguarda la fase operativa credo dobbiamo
approfittare dell’entusiasmo del forum per trovare un modo di
coordinarci. Sarebbe un peccato disperdere le energie che si sono
raccolte in quel piccolo circolo arci solo perché le routine ci
intrappolano in altri pensieri.
Abbandonando i toni evangelici  spero sia possibile lanciare,
rilanciare, iniziative che permettano sia di riuscire a comunicare con
più efficacia i temi di cui ci occupiamo sia di sviluppare un progetto
congiunto.
Per ora mi fermo e spero che altri spunti arrivino al più presto.
Iginio
PS: io ho sempre in ballo il mio progettino con le università ma per
questa volta ho già scritto troppo e rimando ad una prossima