L'arma dell'Africa: il telefonino

Marco Trotta mrta at bfsf.it
Mon Jul 25 18:36:15 CEST 2005


Fonte: http://www.corriere.it:80/edicola/index.jsp?path=COMMENTI&doc=TE1SEOCC
L'arma dell'Africa: il telefonino
La diffusione dei cellulari ha ridotto il gap informatico. «Saranno la
chiave dello sviluppo»
 Ai pescatori della Tanzania il telefonino serve per controllare dal mare
aperto i prezzi di mercato: se la pesca a Zanzibar è stata troppo
abbondante, meglio rientrare a Dar es Salaam e provare a vendere lì il
carico di tonni. Nell'entroterra, i pastori Masai estraggono il cellulare
dalla Shuka (la tradizionale veste rossa) per offrire ai mercanti di pietre
preziose nuovi esemplari di tanzanite, la rara gemma blu (si trova solo ai
piedi del Kilimangiaro) molto richiesta dal gioielliere Tiffany's. Le donne
del gruppo Matonyok («Sforzo» in lingua swahili) ricevono al cellulare gli
ordini per le esportazioni di perline: fino a pochi anni fa erano costrette
a un viaggio di 16 ore. In Tanzania spesso manca l'elettricità, le tv sono
poche (il padre della patria Julius Nyerere le vietava perché «corruttrici
di anime»), i computer si trovano quasi solo negli Internet cafè di Dar es
Salaam, ma i telefonini fanno il miracolo di tenere il Paese aggrappato al
XXI secolo.
 Secondo una ricerca del Centre for Economic Policy Research di Londra, il
97% della popolazione della Tanzania usa i cellulari. Perché la rete
telefonica fissa è scarsa e inaffidabile mentre quella Gsm è capillare; e
«c'è campo» nell'Oceano Indiano come nei villaggi sperduti fatti di capanne
di fango, come ha sperimentato pure il ministro dell'Economia britannico
Gordon Brown, che durante la visita di Stato del gennaio scorso controllava
le email sul Blackberry pure dalla township di Tungi.
 Ci sono voluti 15 anni alla Gran Bretagna perché gli utenti dei telefonini
sorpassassero gli abbonati alla linea fissa; in Tanzania ne sono bastati
cinque. È il   leapfrog  , il salto della cavallina che tutti auguravano
all'Africa: scavalcare secoli di arretratezza tecnologica ignorando le
tappe intermedie per balzare direttamente agli standard più moderni ed
efficienti.
 L'immagine del Masai con il telefonino cominciò a essere usata oltre un
decennio fa, come simbolo delle magnifiche promesse della globalizzazione e
della rivoluzione tecnologica; mano a mano che le aspettative di
uguaglianza venivano disattese e anzi il divario tra ricchi e poveri del
Pianeta cresceva, quella foto sembrò una beffa. Eppure non è una cartolina
scattata in posa: i Masai della Tanzania parlano davvero al cellulare per
curare gli affari e oggi i telefonini sono la vera speranza - per tutta
l'Africa - di colmare il   digital divide  che la separa dal resto del
mondo. L'accesso a Internet può essere raggiunto lasciando da parte il
personal computer e puntando tutto sulla telefonia mobile. «I mercati
emergenti come l'Africa saranno basati sulle tecnologie wireless, senza
fili, e non sul pc», sostiene C. K. Prahalad, l'autore del libro   La
fortuna è alla base della piramide  , che evidenzia il crescente potere
d'acquisto dei quattro miliardi di abitanti più poveri della Terra. Secondo
Prahalad, il miglior modo di aiutare l'Africa (e le altre regioni
sottosviluppate) sta nel convincere le grandi aziende a venire incontro
alle esigenze delle popolazioni, con enormi benefici per entrambe. La
Motorola sembra crederci, visto che in aprile ha cominciato la produzione
di milioni di telefonini «low cost» da vendere in Africa per meno di 30
euro, con una carica della batteria che dura comunque due settimane. «In
Europa vi preoccupate delle bollette, noi abbiamo il problema del costo
degli apparecchi - dice all'  Economist  Alan Knott-Craig, capo del gigante
sudafricano di telefonia mobile Vodacom -. Tutti usano il cellulare ma
pochi lo posseggono».
 Per questo in Tanzania, ma anche in Costa d'Avorio, si diffondono le
cabine telefoniche mobili: un minuto di conversazione al Gsm costa pochi
spiccioli. Negli ultimi cinque anni l'Africa è stato il mercato di
telefonia mobile più in crescita al mondo e in Nigeria, in particolare,
cresce del 100 per cento l'anno. La prima telefonata al cellulare in Africa
è stata fatta in Congo (allora Zaire) nel 1987; oggi in 19 Paesi africani
tre quarti di tutti i telefoni sono Gsm e gli utenti nel Continente sono 82
milioni (su una popolazione di 700 milioni).
 L'invasione dei cellulari può essere giudicata come l'ennesima, definitiva
violenza dell'Occidente all'identità del Continente nero, ma uno studio
della London Business School indica che, in un Paese sottosviluppato, un
aumento di 10 telefonini per ogni 100 persone equivale a una crescita dello
0,6 per cento del prodotto interno lordo. La mania per i cellulari, che in
Occidente significa anche fastidio e maleducazione, in Africa potrebbe
essere motore di sviluppo. Resta il problema dei balzelli (in media oltre
50 dollari) chiesti dai governi per ogni abbonamento e della corruzione.
«Noi non paghiamo mazzette - dice Marten Pieters, capo dell'operatore
Celtel -. I ministri cambiano ogni anno, anche più spesso. Non ce lo
potremmo permettere».

Stefano Montefiori


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  Contro la guerra e ogni forma di Censura. No alla legge delega di
  riforma dei codici militari penali. Info e sostegno alla campagna
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