[Pluto-journal] [Fwd: [Discussioni] da La Repubblica]
Marina Sturino
marina a pluto.linux.it
Mar 9 Apr 2002 01:31:40 CEST
Ci risiamo, sempre la solita FUD
Marina
-------- Original Message --------
Subject: [Discussioni] da La Repubblica
Date: Mon, 8 Apr 2002 16:16:02 +0200
From: "Adriano Sponzilli" <sponz a tin.it>
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To: <discussioni a softwarelibero.it>, "Mailing List sul FreeSoftware"
<bsf a aglorioso.com>, <osservatoriobrevetti a yahoogroups.com>
da La Repubblica, 8 aprile 2002
STALLMAN: "IL SOFTWARE DEVE ESSERE TUTTO LIBERO"
di RICCARDO STAGLIANO'
ROMA - E' un raro esempio di coerenza, quello di Richard Stallman. Da una
ventina d'anni ripete la stessa cosa, con immutato vigore: "Il software deve
essere libero" sostiene, alla faccia di tutte le compagnie - Microsoft in
testa - che, proprio grazie al suo sfruttamento economico, hanno accumulato
nello stesso intervallo di tempo fortune incalcolabili. E per essere libero
di mitragliare il suo tormentone ha pagato dei prezzi alti sin da subito
come, nel 1984, quando lasciò un ottimo posto di informatico al Mit per
fondare la sua Free Software Foundation.
Oggi le sue idee sono sempre più di moda. In epoca di "no logo" l'ipotesi di
un codice senza marchi, che ognuno può utilizzare, modificare e
redistribuire a piacimento, gode di una fortuna senza precedenti. E poi c'è
la prova che la teoria può funzionare anche nella pratica: Linux, il sistema
operativo che si ispira a questi principi, è una realtà commerciale sempre
più importante. E proprio in questi giorni, negli Stati Uniti, è uscito
"Free as in Freedom: Richard Stallman's Crusade for Free Software", una
biografia scritta da Sam Williams che racconta il contributo dell'ex hacker
all'idea più rivoluzionaria della cosiddetta New Economy.
Innanzitutto, spiega Stallman in una lunga intervista alla Bbc, non bisogna
confondere "libero" con "gratis", nonostante il termine "free", in inglese,
autorizzi la confusione nella traduzione. "Sono due vicende separate. Il
software libero oggi ha un tremendo valore commerciale - spiega Stallman - e
si può scegliere di venderlo, ciò fa parte della libertà". Tuttavia
l'interpretazione autentica dell'inventore del concetto è chiara: "'Software
libero' significa che l'utente è libero di studiare cosa fa quel programma,
modificarlo per meglio soddisfare i suoi bisogni, distribuirne copie ad
altre persone e pubblicarne poi copie migliorate. E, se non siete
programmatori voi stessi, potete dare il compito a qualcun altro di farlo
per voi". Di questo si parla quando si parla di "free software": che sia
gratis o a pagamento non influisce sulla sua natura.
E da questa definizione molte conseguenze derivano. La personalizzabilità,
per esempio. "Ogni volta che un utente ha bisogno di fare delle modifiche
affinché il software risponda meglio alle proprie esigenze, le può fare (o
far fare)". E il fatto che così tante e diverse persone possano partecipare
al processo continuo di perfezionamento garantisce una qualità che
difficilmente un singolo programmatore (o una singola azienda) potrebbe
raggiungere: "Così si producono sistemi potenti e affidabili, che
funzioneranno per mesi e mesi senza mai crashare".
E ancora la moltiplicabilità. "Se a qualcuno piace il programma che state
usando potete fargliene una copia in maniera completamente legale" spiega
Stallman "non sottobanco come adesso, nella paura dell'illegalità". Una
conseguenza, questa, particolarmente importante per i paesi in via di
sviluppo. "L'India - esemplifica Stallman - non può permettersi di rimanere
incagliata nella trappola di dover usare Windows perché ciò significherà
un'emorragia finanziaria per loro insopportabile a favore di compagnie
americane". Senza contare l'aspetto formativo, di istruzione: "Ognuno, nel
mondo, che voglia imparare come scrivere del software ha quest'opportunità,
perché per imparare non c'è niente di meglio che leggere e scrivere molto
software. E' stato anche il modo in cui io stesso ho imparato".
Insomma, solo vantaggi si potrebbero ricavare dall'adozione generalizzata
del software libero. benefici importanti per tutta la società, a sentire
Stallman. E allora perché non è ancora successo? Il cronista di Bbc glielo
chiede: "Quando in una società c'è dell'inerzia, questa tende a sviluppare
molta resistenza a ogni cambiamento. E le compagnie che producono software
proprietario sono molto brave nel tenere i loro clienti in trappola".
Tuttavia il vecchio hacker non dubita del futuro di lungo periodo: "Alla
fine vinceremo noi, rimpiazzeremo il software proprietario che è un sistema
anti-sociale che toglie le libertà, divide gli utenti e li lascia in balia
delle aziende".
Una prospettiva promettente, una sorta di nuovo "umanesimo" informatico,
dove l'avidità lascerà il posto alla solidarietà, dove l'etica hacker
sostituirà quella calvinista-capitalista. Un mondo bellissimo di cui però
Stallman ha dimenticato di dedicare un eguale quantità di energie a spiegare
chi e come pagherà gli ex-detentori del copyright che, tanto pervicacemente,
disconosce. Insomma una tesi con una pars destruens micidiale, ma una
construens ancora da mettere a punto.
(8 aprile 2002)
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