[PLUTO-ildp] Traduzione (secondo step...)
Giulio Daprelà
giulio a pluto.it
Mar 11 Mar 2008 12:07:50 CET
2008/3/7 Hugh Hartmann <hhartmann a fastwebnet.it>:
> Scusa Giulio, stimo moltissimo Alessandro Rubini, e considero importanti
> le sue considerazioni, e anche quelle del Traslation Project, però credo
> che sia comunque importante essere liberi di scegliere di tradurre o
> meno una parola senza imposizioni o condizionamenti da parte di nessuno
> anche se autorevole .... :-)
Attenzione a non esagerare in questo senso. Ci vuole un giusto
equilibrio e capire quando tradurre è giusto e quando invece non è
opportuno.
>
> Come avevo accennato anche la parola emdedded, negli ambienti "tecnici"
> sia ormai di uso comune e molto più "comprensibile" della sua traduzione
> in Italiano. Non discuto sul fatto che si possa tradurre e sulla
> validità della sua traduzione, come ho già fatto notare in precedenza,
> ma mi avvalgo dei testi tecnici, a livello universitario e diversi amici
> che lavorano in questo campo i quali si sono messi a ridere pensando
> alla traduzione di questa parola ... :-))
Sono d'accordo con te, proprio per questo ero convinto che embedded
non fosse assolutamente da tradurre. Secondo me il termine italiano
non rende esattamente l'idea del significato di embedded. Però va
anche detto che ti sfido a trovare qualcuno al di fuori degli addetti
ai lavori che sappia cosa significa quella parola.
> In ogni caso se la maggioranza decide per la traduzione di questo
> termine non posso che essere d'accordo, però credo che in casi come
> questi sia alquanto doveroso anche consultare testi, riviste e
> quant'altro di pubblicato e non solo ascoltare alcune persone, anche se
> autorevoli... naturalmente questo è solo un mio punto di vista, non
> vuole essere offensivo verso nessuno, solo, ci tenevo ribadire alcuni
> aspetti riguardo la libertà di scelta nella traduzione ... :-))
Come dicevo non ho mai letto da nessuna parte "incorporato". Proprio
per questo mi suonava strano, se non addirittura ridicolo, tradurlo.
Io personalmente non lo avrei tradotto, ma visto il parere
preponderante di altri sarei più per lasciare libertà di scelta, a
questo punto.
> Invece la "tendenza" in questi ultimi anni mi sembra proprio che vada in
> questa direzione, cioè quella di "italianizzare" ogni cosa, tradurre
> anche ciò che sarebbe più comprensibile se rimanesse non tradotto.
> Naturalmente la mia formazione è alquanto tecnica e quindi sono
> naturalmente di parte, ma mi sembra che questo progetto tratti proprio
> di testi "tecnici" su Linux e ogni aspetto ad esso inerente, ergo, per
> quanto sia incline a cercare delle traduzioni sempre più esaustive in
> italiano, trovo che certi termini siano ormai nella "genetica" di chi
> opera in questo settore ... :-))
A me francamente non sembra di vedere questa tendenza a italianizzare.
Proprio in Italia siamo i più entusiasti utilizzatori di termini
inglesi in ogni dove. Guarda gli annunci di lavoro ad esempio e dimmi
se capisci cosa cercano tante società.
> Beh, basta vedere la parola bug, quante discussioni ha prodotto e poi
> come sia usata ora .... non ditemi che "baco" rende l'idea di bug vero?
> Forse dovremo un po' riflettere su queste cose e non essere avventati a
> tradurre tutto ciò che ci capita sotto gli occhi ... :-))
Io fin dai tempi della scuola usavo il termine "baco" per indicare un
errore di programmazione, e mi sono diplomato 20 anni fa (dai,
ditemelo che sono un giovanotto!). Il termine era già in uso, e anche
se nelle mie traduzioni non l'ho mai usato ho sempre pensato che
invece rendesse l'idea. D'altra parte in inglese bug significa
"insetto", e un baco è un insetto che guasta un frutto, proprio come
un errore di programmazione rovina il funzionamento di un software.
> Naturalmente è solo un mio punto di vista ... :-))
Naturalmente anche il mio lo è! :-)
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Giulio
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