[PLUTO-ildp] La professione di traduttore di software
Giuseppe Briotti
g.briotti a gmail.com
Mar 26 Maggio 2009 11:06:25 CEST
Per una volta sono in disaccordo con te Hugh...
Io conosco diversi operatori tipografici e titolari di tipografie che
smoccolano perché moltii software, di produzione anglosassone,
hanno i termini tecnici inglesi, invece che quelli italiani e loro non
ci si raccapezzano...
Ovviamente il problema nasce dal fatto che il traduttore del software,
generalmente un informatico, non ha ritenuto necessario tradurre
termini di cui non sapeva nulla e che non poteva (ovviamente) trovare
in un normale vocabolario italiano-inglese...
Questo aspetto della incapacità di localizzare termini tecnici specifici
ha origine "storiche"... come evidenziato nell'articolo riportato da Giulio,
inizialmente molti software sono stati tradotti da persone che non
avevano una specifica preparazione sull'argomento che andavano a
tradurre...
Diversi anni fa mi sono imbattuto in un simulatore di regata velica...
ti lascio immaginare le gustose traduzioni dei termini marinari :-)
Per contro oggi, un simulatore come VirtualSkipper è tradotto
molto bene, perché nel team ci sono anche molti velisti...
La povertà culturale cui io mi riferivo non è quella individuale, che
ciascuno può combattere come vuole, ma quella generale... ormai
pochi sanno parlare un corretto italiano ed ancora meno sono quelli
che lo sanno scrivere...
Resta il fatto che il proliferare indiscriminato dei termini inglesi anche
a fronte della presenza di un termine italiano perfettamente calzante
e comprensibile (il caso impostazioni=settaggi mi sembra esemplare
- in un forum che amministro ho cominciato a bannare per linguaggio
non consono gli utenti che utilizzano settaggio/settare) è legato alla
catena "ignoranza-pigrizia-moda"...
G.
--
Giuseppe Briotti
g.briotti a gmail.com
"Alme Sol, curru nitido diem qui
promis et celas aliusque et idem
nasceris, possis nihil urbe Roma
visere maius."
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